E’ stato il caso cinematografico dell’estate americana,
costato 20 milioni di dollari ne ha incassati oltre 130 solo negli USA. Cosa
c’è dietro un successo del genere?
James Wan è un bravo regista. Non sempre gli riescono
genialate come Saw, anzi solo quella gli è riuscita, però inanella una serie di
film interessanti e acquista la fama di uno che fa le nozze con i fichi secchi.
Pochi soldi di budget si trasformano in manna per i produttori. Quindi tutto
nella norma, anche stavolta è andata così. Qual è allora il tocco magico di
James Wan? Probabilmente il fatto che riesca a sguazzare nel già visto con un
tocco che, al tempo stesso, è personale ma non autoriale. Riesce a prendere
vicende risapute, di vendetta
o di terrore, rimescola gli ingredienti di modo che la minestra non sembra
riscaldata, serve il tutto con una buona dose di tecnica e di ritmo e il gioco
è fatto. Lo aveva appena fatto con Insidious (che però non è
eccezionale, anzi), lo fa meglio con L’evocazione, che è Insidious più
l’Esorcista più una serie di riferimenti a classici dell’orrore, fino
addirittura a Gli uccelli
La storia. Rhode Island, 1971. La tranquilla famiglia
Perron, padre madre e cinque figlie, va a vivere in una tranquilla casa
inquietante in una tranquilla località sperduta in riva ad un lago.
Tempo di finire il trasloco e, attenzione, la madre si
accorge che gli orologi della casa si fermano alle 3,07. E’ solo l’inizio di un
incubo fatto di tutto il repertorio del genere, ovvero porte che sbattono,
armadi che si aprono da soli, scricchiolii vari, quadri che cadono. Vogliamo
metterci anche il classico scantinato di cui tutti ignoravano l’esistenza? Ma
sì, dai. E già che ci siamo mettiamoci pure la componente bambina sonnambula (i
bambini sono imprescindibilmente morbosi in un horror, no?)
Fine prima parte. A questo punto i nervi della nostra
famigliola (e anche di qualche spettatore, ma su questo ci tornerò) sono già saltati.
È tempo allora di affidarsi ai servigi dei coniugi Warren, di professione
indagatori dell’incubo, a metà strada tra ghostbusters e esorcisti senza
patentino vaticano. I due, che tengono conferenze sui loro casi più importanti,
accettano di dare un’occhiata. Lei, soprattutto, che ha poteri extrasensoriali.
E quello che vedrà non sarà affatto piacevole.
Prima parte: casa infestata con tutti i trucchi del genere.
Seconda parte: l’esorcista con tutti gli ammennicoli.
La fusione di queste due componenti è il film di cui sto
scrivendo.
Però la miscela è fatta assai bene. E’ questo che lo eleva
sopra la media degli horror analoghi, anche come spaventi.
Un ottimo motivo per aprire la sezione “cinema per non
dormire” con questo film, in cui la paura non è tanto (non è solo) fatta di
colpi da saltare sulla sedia, che pure ci sono ma senza esagerare, quanto
piuttosto è creata dall’atmosfera. E qui è bravo il nostro James Wan, che non
si accontenta dei trucchetti ma gira bene, coltiva la tensione, a volte la fa
esplodere altre volte si ferma un secondo prima che ci aspettiamo che esploda.
Gioca insomma con lo spettatore, gli dice “hai voluto vedere ‘sta roba? Adesso
te la bevi tutta”. Ci fa vivere con la famiglia Perron, ci fa partecipi del
loro dramma, ci fa girare per la casa insieme agli attori. E quando arriva la
resa dei conti con lo spirito maligno, piazza un finale con esorcismo che, per
me, è stata la parte davvero inquietante del film. Molto tosta e senza momenti
di alleggerimento, come tutto il film fino a quel momento.
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