domenica 1 settembre 2013

Un (meritato) caso letterario

L’ho preso con un po’ di diffidenza, un po’ perché i casi editoriali di solito mi puzzano di artefatto, un po’ per la mole (770 pagine) e un po’ perché la trama sintetica non mi andava molto a genio.
Invece ho fatto bene ad acquistarlo. Eccome. E’ la prima volta che mi sento di condividere parola per parola i commenti della stampa estera riportati sulla quarta di copertina. Mi tocca essere d’accordo con i francesi, guarda un po’.
La verità è che la Verità sul caso…è un libro geniale. Punto.


1975. Nell’amena località di Aurora, New Hampshire, scompare una ragazzina di quindici anni, Nola Kellergan, benvoluta da tutti tranne che (forse) dalla sua famiglia.
2008. A New York Marcus Goldman, giovane scrittore che ha sfondato col suo primo libro, si trova in difficoltà: non ha la più pallida idea di come onorare il contratto con la sua casa editrice. Il suo secondo romanzo deve essere consegnato di lì a poco, ma lui soffre del blocco dello scrittore.
Sarà il ritrovamento del corpo di Nola nel giardino della villa del suo mentore e maestro, Harry Quebert, a rimescolare le carte del secondo libro di Marcus.

Quello che ho scritto da “1975” fin qui è la mia libera rielaborazione della trama che non mi prende più di tanto di cui ho detto poco sopra. Il bello è come si svolge questa trama.

Dal momento in cui siamo messi a conoscenza dell’antefatto (la scomparsa di Nola e un cadavere mai ritrovato per 33 anni, dunque un giallo insoluto, secondo il principio “nessun cadavere, nessun delitto”), il giovane scrittore svizzero benedetto da chissà quale illuminazione intesse una trama che a ben vedere non procede per sviluppi successivi dell’azione, ma ruota sempre intorno allo stesso fatto, aggiungendo di volta in volta nuovi particolari; il ritrovamento del corpo della ragazzina conduce Marcus, nel tentativo di salvare il suo amico e maestro Harry Quebert, a riaprire un’indagine abbandonata 33 anni prima, il delitto non è avvenuto oggi, per cui non si può che girare attorno a una questione cristallizzata. Il protagonista-detective non procede linearmente in avanti nel tempo, il suo tempo (attuale) non è quello dell’azione (passata). Procede quindi per cerchi concentrici su ciò che è avvenuto ad Aurora la notte del 30 agosto 1975, e lo fa da un lato cercando di capire la vera natura del rapporto tra Nola e Harry e dall’altro interrogando i testimoni di allora. Superfluo dire che le persone riveleranno una natura diversa da quella che la comunità attribuiva loro, e che vecchie ruggini e segreti inconfessabili verranno portati alla luce.

Già questo mi basta, il giallo da cold case funziona bene, ma non è sufficiente a rappresentare la qualità e la complessità di questo sorprendente romanzo. Anche perché a ben vedere, almeno procedendo per esclusione, il nome dell’assassino lo si indovina. Non è questo. Perché questo non è un semplice giallo. E’ molto di più.
E’ una carrellata di personaggi davvero ben scritti, alcuni davvero divertenti.
E’, almeno nella prima parte, una storia d’amore, un amore proibito.
Ed è un gioco metaletterario, il vecchio trucco del romanzo nel romanzo (Goldman, il protagonista, deve pur sempre scrivere un libro per il suo editore), è un discorso sulla scrittura, con un alcuni consigli che il maestro Harry dà al suo allievo Marcus.

E la vera genialata risiede tra l’ultima pagina e quella dei ringraziamenti. I ringraziamenti, sì.
A quel punto ho lasciato cadere il tomo e ho battuto le mani, per applaudire.

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